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Sapore di clinto (quattordicesima parte)

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"Ecco perché, ad un certo punto, mi sono messo ad indagare su questo personaggio: volevo saperne di più. Mi interessavano tutte le persone che potevano essere state intime di Bruno; il medico sembrava potesse esserlo stato in modo particolare, molto particolare, come già altri avevano ipotizzato. Poteva essere l'amichetto, poteva anche non esserlo, ma sai com'è: nel dubbio ... Chitarella, famoso giocatore di tressette, consigliava di giocare le coppe. Perciò volli indagare più a fondo. Ricordi quando mi parlasti della villa che aveva Schiavoni su, a Ruta di Camogli? Quella villa molto bella che ti piaceva tanto, dove qualche volta sei andata con tuo padre? Me la indicasti, quando andammo a fare una gita da quelle parti. Beh, ti debbo essere sincero, ci sono tornato da solo, una notte. Devi sapere che, per fatti ... cioè, tanto per fare qualcosa, tra bravi ragazzi e buoni amici, si praticava il sano sport di: indovina-che-fine-hanno-fatto-le-chiavi. Se non le trovavi o scassinavi la porta, o restavi a dormire sotto i ponti; visto che quelle maledette chiavi non si trovavano mai, prima del giorno dopo, bisognava essere molto abili per aprire le serrature, abbastanza complesse, delle porte di casa; ed io, immodestamente, ci sapevo fare, anche con quelle più renitenti ed, alla fine, ci ho preso gusto e sono approdato alle casseforti; mia madre ne sa qualcosa".
Fuori dei finestrini passò il casello di Pavia e la neve, tutt'at-torno, era illuminata dalla gialla luce delle lampade al sodio. Faceva pensare a qualcosa di natalizio, nonostante il Natale fosse già passato da quasi due mesi, riflette Cinzia.
"Così sono entrato nella villa di Schiavoni. Sai cosa ci ho trovato? Ho trovato delle fotografie: 'Con affetto Bruno', 'Tuo per sempre Bruno' eccetera. E poi delle cartoline: Bruno di qua, Bruno di là; mi manchi, vorrei che fossi qui, eccetera-eccetera. Cosa che, sicuramente, un uomo normale può mandare a tante altre persone, tranne che ad un'altro uomo. Ho frugato un po' dappertutto, in quella villa; ho trovato anche un guardaroba, molto ben fornito, per la verità; la cosa che mi ha incuriosito di più, però, è il motivo per il quale Schiavoni, che arriva a mala pena al metro e sessantacinque, avesse un guardaroba pieno di abiti adatti ad un giovane, prima di tutto, ed inoltre dieci centi-metri buoni più alto di lui. Chiedendomi di chi potevano essere, quegli abiti, ho pensato che sarebbero andati abbastanza bene a Bruno; del resto, le lettere, le fotografie e tutto l'altro, mi hanno dato la certezza che tutto era in funzione sua, di Bruno. Però, guardando un pochettino meglio nel guardaroba, ho notato che c'erano delle grucce vuote ... e vuoti erano anche dei cassetti: c'era soltanto un pochino di biancheria, qualche calzino, alcune camicie ed un paio di pullover. La roba rimasta era adatta a qual-siasi stagione, ma quella portata via era la maggior parte; ergo qualcuno ha portato via un sacco di roba, dalla villa; perché? Perché il qualcuno, il proprietario della roba, Bruno, ìnsomma, doveva andarsene, ma senza toccare il guardaroba di casa; un morto non si porta via cambi di biancheria, è risaputo! E così sono andato avanti. Ho registrato il fatto che Schiavoni sembra saperne molto più di quanto vuoi far credere, su Bruno ed ho continuato a guardarmi intorno. Ti ricordi, poi, quella sera che siamo andati a casa tua, a prendere la patente che avevi dimenticato? C'era un tizio, con tuo padre, e stavano parlando in salotto; stavano parlando ... così, come possono parlare due uomini d'affari; anzi, piuttosto come qualcuno che va ad offrire qualcosa, e sto parlando del visitatore, a qualcuno che potrebbe degnarsi di accettare: tuo padre. Non ho mai preteso di essere uno stinco di santo e non lo pretenderò mai, ma io, quella persona, l'ho già vista da un'altra parte: ad una festa giù, a Napoli, diciamo da gente che ho conosciuto di seconda mano, i parvenu, i nuovi ricchi la cui ricchezza non è certo frutto di ... cioè, in quel giro di gente, soldi ce ne sono molti, ma gli affari puliti, quella gente, non sa neanche cosa sono; sono criminali, ma non criminali 'normali', come i ladri od i rapinatori: i loro crimini vanno dalle fabbriche con lavorazioni pericolose, vicino ai centri abitati, a truffe ai danni dello Stato, alle morti bianche e simili piacevolezze, non so se rendo l'idea. Come 'contorno', poi, crimini su grande scala tipo tratta delle bianche, contrabbando di qualsiasi genere, il giro della droga al più alto livello, sequestri di persona, truffe da miliardi ai danni delle assicurazioni e così via. E' anche da questo ambiente, che son voluto venir via: denaro chiama denaro, costi quel che costi!"

Titta si sentiva male; avrebbe voluto urlare dal dolore, per le bruciature che aveva sulle spalle e sullo stomaco, per tutti i pugni ed i ceffoni che aveva preso, ma non riusciva più a gridare:lo aveva fatto per ore intere e, ora, le bruciava la gola come se avesse ingoiato piombo fuso.
Anche il dolore di tutte le dita che le avevano spezzato, la faceva impazzire, ma adesso sentiva arrivare una strana calma. Cercò di riepilogare quella allucinante serata.
Uscita dal lavoro, era andata subito a casa per aspettare la telefonata che Pippo, appena tornato da Milano, le avrebbe dovuto fare.
Arrivata davanti alla propria abitazione, era scesa dalla sua Cinquecento, l'aveva chiusa a chiave e si era diretta verso il portone.
Però, alle sue spalle, aveva sentito una voce ordinarle di salire sul furgone parcheggiato poco distante ed aveva avvertito un qualcosa di duro premerle sulle reni; appena salita l'avevano legata ed imbavagliata ed avevano poi viaggiato per una ventina di minuti. Quando il veicolo si era fermato, era stata scaraventata sul lurido pavimento di una grossa autorimessa ed era cominciato il pestaggio scandito dalle domande. Lei aveva cercato di non parlare: capiva che avrebbe condannato Pippo, ma dopo che avevano cominciato a spezzarle le dita, non era più riuscita a tacere.
Era stata costretta a raccontare delle indagini di Giorgio prima e, dopo, quelle che aveva condotto Pippo; ora, la loro curiosità era stata saziata dalle sue risposte.
Adesso sentiva il capo di quella gente che parlava.
"Quello che volevo sapere l'ho saputo; fatene quello che volete, ma assicuratevi che non vada a spettegolare in giro". Fece una risata volgare. "E neanche il suo amico curioso, deve arrivare vivo a domattina. Rudi, a quello pensaci tu, un qualcosa di sicuro e definitivo".
E Titta sentì la voglia di piangere: pensava a Giorgio, a Gianni, a Filippo Maria ed a se stessa: tutti morti per chissà quale storia infame. I suoi aguzzini cominciarono a violentarla, per ore ed ore, anche se a lei sembravano giorni e giorni, obbligandola a qualsiasi turpitudine. L'ultimo suo pensiero andò all'uomo che si stava avvicinando, con un pezzo di fil di ferro tra le mani possenti, per strangolarla.
Pensò: "Grazie!"

"... Da quanto ricordo, c'era anche questa persona. Chiacchierava da pari a pari con 'gente di rispetto', camorristi su grandissima scala. Quando l'ho visto parlare con tuo padre, questo tizio si comportava come se si fosse trovato ad un livello inferiore rispetto al tuo pio genitore. E quelle sono persone che ci tengono tanto, alle gerarchle del crimine".
Cinzia sgranò gli occhi, in una muta domanda.
"Appunto!"
Le dolci colline dei primi contrafforti dell'Appennino, si erano sostituite alla pianura padana, dopo Serravalle Scrivia, ed i potenti fari della grossa auto scavavano una galleria di luce nel buio della notte.
"Ti ricordi quando ci fu la festa di laurea del fratello di Bruno, Carlo? Ci andammo insieme. In quell'occasione ho fatto due chiacchiere con la madre di Bruno, che si era commossa vedendoti: eri la persona che più glielo ricordavi; così si mise a parlare col tuo accompagnatore, con me, nella fattispecie, discorrendo del più e del meno. Ad un certo punto venne fuori il di scorso dei denti; mi raccontava che suo marito aveva riconosciuto Bruno, solo grazie al Rolex ed a due otturazioni dentarie. Io, con fare garbato, mi interessai a quali otturazioni e lei mi disse: 'Ricordo perfettamente che erano gli ultimi due denti sotto a destra ... e che non gli era ancora nato il dente del giudizio'.

================================ Fine modulo 40 =======================================

Mi informai meglio: 'Vuoi dire il terzo premolare ed il primo molare inferiore destro?' 'Sì, proprio quei due che ha detto lei; lo ricordo bene perché Bruno e Flavio, mio marito, ci avevano scherzato sopra riguardo al dente del giudizio; non ricordo bene, però, le parole esatte'. Quando poi, quella sera, tornato a casa, ho telefonato a Titta (tu non la conosci, era la ragazza di Giorgio, quella che 'magari gli voleva anche bene', tanto per intenderci), le ho chiesto se sapeva qualcosa sui denti di Bruno; mi ha detto che le otturazioni del cadavere erano sul primo e sul secondo molare. Ma io sapevo che le otturazioni erano diverse; perciò non c'erano più dubbi: il morto non era Bruno. Assolutamente. C'erano troppe cose strane, troppe coincidenze. I sospetti, ora erano diventati certezze. Cioè, tutto ciò che prima era vago, inconsistente, ora è diventato materiale, tangibile. Ed ecco spiegate le due misteriore telefonate di Giorgio: la tua, nella quale dice di aver scoperto qualcosa di molto importante; quella a Titta: 'l'importante sono i denti'! A questo punto avrai capito che io, in tutta questa faccenda, non sono esattamente l'ultimo arrivato; so molto più di quanto tu possa immaginare e, alla fine, avrai saputo il perché".
Filippo Maria tacque, assorbito completamente dal sorpasso di un grosso autoarticolato che viaggiava che la rapidità del fulmine, sollevando una piccola tempesta di fanghiglia e neve fradicia.
Cinzia osservò il tergicristallo, che aveva il suo daffare per tenere il parabrezza sgombro dalla neve, che cadeva abbondantemente, e riflette su ciò che aveva ascoltato dalla voce del napoletano; era istintivamente incredula, ovviamente, ma ora riusciva a capire il perché di tanti piccoli misteri, di tante occhiate, di tante mezze frasi. La sua parte razionale credeva alla narrazione ed alle precise accuse del giovane, anche se l'affetto che provava per suo padre le rendeva difficile accettare questa realtà.
Finalmente l'autocarro fu solo una macchia di luce oltre il lunotto e Pippo riprese il filo del discorso.
"Cosi decisi di tornare alla villa dell'esimio dottor Schia-voni, più in cerca di ispirazione che per convinzione, ti debbo essere sincero; feci una bella perquisizione accurata e, somma fortuna, trovai un foglietto, in fondo alla tasca di una giacca, scritto da Bruno; su questo foglietto c'erano quattro nomi e quattro indirizzi che ho cercato, inutilmente, su tutti gli elenchi del telefono italiani. Mi son chiesto se era possibile, se aveva un senso quel foglietto con quattro indirizzi e quattro numeri del telefono inventati; mi sono risposto che era assurdo. Allora feci una cosa: telefonai ad una persona che conosco molto bene e che qualcosa mi deve, tutto sommato. Gli chiesi chi, queste persone, potessero essere e lui, dopo essersi debitamente informato, mi rispose: 'Ti posso dire solo questo: è meglio che lasci perdere. E' gente della quale tu non hai assolutamente bisogno; al limite, quel tipo di persone, potrebbe essere più utile a me'. La frase era un po' enigmatica e gli chiesi di chiarirmi il concetto. 'Nel senso che, qualunque accidente mi capiti, mi faccio curare da loro'. Insomma, avrai capito: si trattava di quattro medici della mala, come l'esimio dottor Schiavoni, detto per inciso, tre dei quali radiati dall'albo, per buon peso. Allora dissi al mio conoscente: 'Senti, io devo riuscire a trovare una persona di cui so soltanto che aveva questi quattro indirizzi. E' un tipo così, così e così ed è scomparso nel maggio scorso; vorrei sapere se si è rivolto a loro'. L'amico mi ritelefonò tre giorni dopo: 'Guarda, la cosa è del tutto riservata; a me non potevano dire di no, ma ho dovuto dire che l'informazione serviva a me. Comunque, il tuo uomo esiste. Si è fatto fare i documenti come Gherardo Colli e dovrebbe, presumibilmente, abitare nella zona di Milano, dove si è fatto operare. Si è fatto fare una plastica facciale e non è tutto giusto, né come amori, né come passatempi: si buca come un dannato'".
Il giovane fece una pausa ad effetto, giusto per dare il tempo a Cinzia di assimilare la massa di notizie stupefacenti che le stava fornendo: Bruno vivo, Schiavoni legato al crimine, suo padre probabile mandante dei più gravi delitti ... La giovane era decisamente scossa, schiacciata da tutto ciò.
Filippo Maria riprese la narrazione.
"Ti ricordi che ho trascorso tutta la settimana scorsa in ferie e che ti dissi che andavo giù a Napoli? Non è vero: sono andato a Milano ed ho cominciato ad indagare, a cercare, a vedere, a sapere, a chiedere a gente che non mi poteva rifiuta un piacere; e sono riuscito a trovare il caro Bruno Spagnolo. Oggi l'hai visto anche tu: gli restano al massimo due mesi di vita, è 'fatto' di droga al massimo stadio. Tutto perché ha avuto uno stupido, banale incidente: mentre dava giudiziosamente fuoco alla sua auto, col cadavere di un tizio qualsiasi dentro, una fiammata, maligna, lo ha sfigurato. Nonostante il dolore, è riuscito ad inforcare il ciclomotore pieghevole, che aveva tirato fuori dal bagagliaio, ed a raggiungere la villa del nostro ineffabile medico, a Ruta di Camo-gli. Il quale, edotto per telefono dal tuo amato sui danni da lui riportati, si recò, rapido ed amorevole, a lenire i tormenti del suo ustionato amore. Solo che, quando arriva alla villa, trova Bruno che sta impazzendo dal dolore e lui, per lenirlo, gli inietta l'unica cosa che ha sottomano: morfina. E quando il dolore si rifa sentire, altra morfina, ma in dose minore; poi ancora e sempre meno. La quarta iniezione se la fa Bruno, od il primo buco, se vogliamo. Per quella fiammata era passato dal raro spinello, abitudine molto snob tra i suoi amici, al buco: da quel momento aveva tutta la strada in discesa, davanti a lui".
La giovane annuì, ma si dimostrava dubbiosa.
"Sì, d'accordo; ma non riesco a capire perché Bruno e Schiavoni abbiano architettato tutta questa messa in scena ..." "E' una domanda che non ti consiglio di rivolgere a tuo padre: è ancora piuttosto suscettibile al riguardo. Comunque la spiegazione è questa: Devi sapere che, una bella sera di quasi un anno fa, il tuo paparino mandò due suoi uomini di fiducia ad aspettare, in un certo posto, una certa persona con una certa valigia. La valigia, o meglio l'uomo che doveva consegnarla, trovò, in effetti, i due emissari di tuo padre, anche se graziosamente assassinati dai due colombi; del resto, anche lui ebbe un'immatura morte, lì a pochi istanti. Ora la relazione tra Bruno e il dottore era, ed è, conosciuta unicamente da loro due: non figurando mai insieme erano, perciò, insospettabili; avevano, però, il problema di cambiare aria per potersi godere il ricavato del contenuto della valigia: così decidono di organizzare tutta quella messinscena. Ma il diavolo ci mise la coda e Bruno dovette farsi rifare il bel faccino a cui molti erano affezionati; Schiavoni dovette muoversi con estrema cautela, per non finire come indesiderato protagonista dell'inchiesta che, a causa del loro giochetto, era stata cominciata dall'organizzazione. Il buon Bruno, animo nobile, gli tirò un bidone, come ti spiegherò in seguito, lasciando il nostro nelle proverbiali braghe di tela; il caro dottore non può neanche andare da tuo padre a piangere sulla sua malasorte e sulla scarsa correttezza del pargolo, poiché ci sono serie probabilità che si trovi una serie di buchi in testa non previsti dal buon dio. Prima che mi esca di mente: il chirurgo che ha fatto la faccia nuova a Bruno, è recentemente mancato all'affetto dei suoi cari uscendo, il distrattone, da una finestra posta a considerevole altezza dal suolo;si è pensato al suicidio, ma non me la sento di escludere, aprioristicamente, un intervento del versatile Bruno. Forse si è trattato del saldo per un lavoro riuscito decisamente al di sotto delle aspettative: hai potuto vedere anche tu che il viso di Bruno non ricorda, neanche lontanamente, le sue aristocratiche e leggiadre fattezze. Un'altra ipotesi, per spiegare la scomparsa del chirurgo, può essere, però, che Bruno ha voluto eliminare l'unica persona che fosse in grado di attribuire il suo nuovo aspetto ai suoi precedenti connotati. Piuttosto illuso, il ragazzo, non trovi?".

================================ Fine modulo 41 =======================================

Filippo Maria interruppe l'illustrazione delle sue scoperte per accendersi una sigaretta; quando fu soddisfatto del tiraggio di questa, riprese la narrazione.
"La domanda che ora sorge spontanea è questa: ma come può essere sopravvissuto, Bruno, dopo tutto quello che ha combinato? Sappiamo tutti che, chiunque tocchi qualcosa dell'Organizzazione, senza il suo preventivo consenso, rischia di andare ad ingrossare la già folta schiera dei prematuri decessi. E allora? Ma è semplice: Bruno è ancora vivo per il più elementare dei motivi: l'amore paterno; perché vedi: Spagnolo senior, tuo padre ed il dottor Schiavoni, fanno parte dell'alta aristocrazia del crimine: tuo padre come barone e gli altri due come vassalli, di più o meno elevato lignaggio. Ma procediamo con ordine; quando Flavio Spagnolo ha effettuato l'identificazione di quel corpo, probabilmente un'autostoppista o qualcosa del genere trovato da Bruno o da Schiavoni, era convinto di essere di fronte alle spoglie mortali del figlio; questo mentre tuo padre continuava, inutilmente, a cercare la brava persona che gli aveva quasi procurato un collasso, vuoi economico, vuoi nervoso, per compensarlo adeguatamente, mediante somministrazione di una abbondante dose di 'RIP', nel senso di 'requiescatinpace'. Quando però il buon Bruno, arrivato ormai ai tre buchi giornalieri, ha deciso che la vita in comune con Schiavoni non lo soddisfaceva più, come non lo soddisfaceva il suo viso ed il fatto di non poter uscire a godere della luce del sole, per evitare di esserne privato definitivamente, ha preferito ricorrere all'aiuto del padre. Questi ha interceduto presso il tuo e dopo un certo tiremmolla, sono giunti ad un accomodamento: Bruno restituiva tutti i soldi rimastigli, mentre il padre si occupava di fornire il saldo, e spariva dalla circolazione; tuo padre, per contro, s'impegnava a non fargli torcere un capello; questo considerando anche il fatto che Bruno aveva già imboccato, da solo, la strada su cui voleva, amorevolmente spingerlo il tuo augusto genitore: la strada della tomba di famiglia".
Filippo Maria si godeva l'aria fredda della serata col finestrino abbassato, sua masochistica abitudine che non era, il più delle volte, apprezzata dai suoi compagni di viaggio.
Come in quel momento.
"Pippo, per favore chiudi quell'accidente di finestrino che mi prendo un malanno!"
La voce di Cinzia cominciava ad essere stridula, turbata com'era dalle asserzioni dell'amico.
Pippo tirò su il finestrino, senza tuttavia chiuderlo completamente, e riprese la narrazione.
"Questo accadeva circa quattro mesi fa, più o meno quando a Giorgio venivano le domande giuste da porre alle persone giuste e questo, probabilmente lo ha perso. Tu, scusami, a chi hai parlato della telefonata che Giorgio ti ha fatto il giorno del suo incidente?"
Il "Matucomelosai?" della ragazza, racchiudeva tutta la sua angoscia, il suo terrore, il suo non poter, non voler credere a quello che stava ascoltando dal napoletano.
"L'ho immaginato". Replicò freddamente Filippo Maria.
La giovane, scossa da quella voce nota, ma con un tono piatto, incolore, si riprese un po' e cercò di schernirsi.
"A chi vuoi che ne abbia parlato, a nessuno! Giorgio aveva solo detto di aver scoperto tutto, ma cosa fosse questo tutto se l'è tenuto per sé".
Pippo era ancora più gelido. "Ne sei proprio sicura?"
"Beh ... forse quella sera, a cena ... potrei averne alluso a mio padre..." "Appunto!"
Filippo Maria si accese una sigaretta.
"Come vedi ... Ah, prima che mi esca di mente; Giorgio ha avuto un attentato: gli hanno fatto perdere le ruote della macchina. Ma, personalmente, non credo che questo c'entri con i ferali progetti dei vostri genitori: Giorgio, con la sua tipica delicatezza da bombardamento a tappeto, si era messo a fare domande nel giro degli omosessuali. Qualcuna di queste gaie persone, probabilmente con una 'rispettabilità' da difendere, ha avuto paura che il nostro eroe scoprisse i suoi altarini ed ha cercato di dissuaderlo. Io ti sto spiegando tutto questo perché sono convinto che tu, in tutti questi casini, non c'entri minimamente".
Ormai, sulla destra della vettura, si riconosceva il viadotto su Campasso e Sampierdarena: ancora meno di un chilometro e sarebbero arrivati alla barriera di testa dell'autostrada.
Pagato il pedaggio, Cinzia fece la domanda che le stava a cuore, che continuava a vorticarle nella mente, sin da quando avevano lasciato quella stanza d'ospedale, con dentro Bruno che stava spegnendosi a poco a poco.
"Filippo scusami ma, adesso che tutto è ormai chiarito, una risposta ancora la devo avere: tu cosa c'entri in questa faccenda, qual'è il tuo ruolo? Cosa sei: un poliziotto, un agente segreto, un bandito? Chi cavolo sei, insomma?"
Il giovane scosse la testa lentamente, con amarezza.
"Non sono nessuno, solo un essere umano. Tu vuoi sapere perché mi sono trovato invischiato in questa faccenda... vedi, prima della trasferta a Trieste, vivevo a Genova e, non te lo avevo mai detto, avevo conosciuto Giorgio, lo avevo conosciuto molto bene, quanto si può conoscere il migliore amico che ti fai in una città che non conosci. Mi piaceva il suo modo di ragionare, di vivere, di essere pazzo, pazzo almeno quanto posso esserlo io ... e ti assicuro che chi ha fatto fuori lui, chi ha fatto fuori quel medico, chi ha fatto fuori Gianni, l'amico di Giorgio che è morto con lui, e quel povero disgraziato della macchina di Bruno, per me non può impunemente circolare, come se niente fosse. Sì, probabilmente è vero il discorso del 'qualunque cosa, basta che non tocchi me'; la mia vita è stata tutta così: 'fate quello che volete, basta che non mi arrivate a toccare'. Però, arrivi ad un certo punto dopo il quale non puoi chiudere gli occhi e mettere la testa sotto la sabbia, come uno struzzo. E allora devi reagire. E reagisci".
A Cinzia cadde lo sguardo sull'orologio del cruscotto: erano le dieci e mezzo. Riflette su quella serata: si erano visti alle cinque e dieci a casa di Pippo, avevano preso la macchina sportiva ed erano partiti subito per Milano.
Alle sette e mezzo agili panini in un bar, una birretta per mandarli giù e poi la visita a Bruno in quella squallida stanzetta.
Più che Bruno, in quel letto, c'era un cadavere vivente: un uomo con una faccia che lei non conosceva, per il quale non provava assolutamente niente salvo, forse, pietà.
Poi il viaggio di ritorno, con la neve che cadeva fuori e la morte che le copriva, a poco a poco, il cuore. Pensava a sé ed alle sue cose in maniera diversa, dopo il discorso chiarificatore dell'uomo che amava. Quel giovane che le aveva detto la più brutale delle verità senza insistere, senza voler convincere ad ogni costo, lasciando che la riflessione su tante piccole, futili cose, desse l'aura della credibilità alle sue affermazioni.
Si trovò, assurdamente, a pensare a quanto sangue, a quanta sofferenza erano costati gli stivali firmati che suo padre le aveva regalato a Natale e che indossava in quel preciso momento.

La prima cosa che Filippo Maria fece, appena arrivato a casa, fu telefonare a Titta per farle conoscere l'esito del viaggio.
All'altra estremità della linea, il telefono fece dieci, venti squilli, ma non rispose nessuno. Allora il napoletano richiamò, facendo particolare attenzione nel comporre esattamente il numero.
Nessuna risposta.
Cinzia, che non se l'era sentita di tornare a casa e vedere cose che la facessero pensare al padre ed alle sue attività, vide la preoccupazione sul volto dell'amico e gli si avvicinò.
"Cosa c'è, Pippo, che non va? A. chi telefonavi?"
"A Titta; le avevo promesso che, appena tornavo, mi sarei fatto sentire, ma non risponde nessuno".
Decise di concedersi un whisky, prima di ritentare a mettersi in comunicazione con Tiziana, e ne offrì uno anche a Cinzia.

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