Quella sera, Giorgio preparò un'altra
delle sue succulente cenette. Diversamente dai programmi, alla riunione
partecipava anche il commissario Olcese il quale, da parte sua, un po'
aveva sullo stomaco il caso insoluto ed, un po', cominciava a sentire
la mancanza di altri interessi nella vita, oltre all'epilogo dell'esistenza
di Bruno Spagnolo.
Dopo cena, i quattro amici si trasferirono nel living-room, dove Giorgio
fece una generosa distribuzione di whisky.
Poi cominciò ad esaminare il problema che gli stava a cuore.
"Bene; le nostre indagini, dopo tre mesi di sosta, riprendono. Ci
ho riflettuto parecchio, in questi mesi, ed ho l'impressione di aver ...
non so ... dimenticato qualcosa di importante... di aver fatto, come dire...
un errore di impostazione, ecco! Non riesco assolutamente a capire dove,
come e perché l'ho commesso, ma so di averlo commesso; vi chiedo,
perciò di aiutarmi a trovarlo".
Si misero a riflettere in silenzio, ognuno per proprio conto; Giorgio
aveva dato loro dei fogli che suntavano tutti i dati in loro possesso
e le ipotesi fatte, avvertendo però che queste non erano vincolanti.
Dopo una diecina di minuti, si sentì la voce soddisfatta di Tiziana
rompere il silenzio.
"Statemi un attimo a sentire, credo di aver trovato! Dimmi un pò,
Giorgio: chi è che sa tutto di te? E sa perché 'deve' sapere,
bada bene, non perché vuole!"
Nella stanza il silenzio era quasi un'entità tangibile.
"Su, è facile: il tuo medico! Per una ragione o per l'altra
sa tutto, di te!"
"Già, cazzo, è vero! Noi non abbiamo sentito il medico
di famiglia!"
Olcese cercò di smorzare gli entusiasmi.
"Il dottor Schiavoni lo abbiamo già sentito noi; non credo
che riuscirete a ricavarne niente, ad andarlo a sentire".
"No, Santo, voi lo avete interrogato tenendovi sul vago, senza sapere
bene cosa volevate, non su un'argomento specifico come vogliamo fare noi.
Questo prima di tutto; e poi, con tutte queste pressioni che hai avuto
dall'alto, sei sicuro di averlo interrogato a fondo, come in un'altra
indagine?"
Olcese eluse la domanda.
"Vuoi dire interrogarlo partendo dal presupposto che Bruno Spagnolo
fosse omosessuale?"
"Sì, esatto. Del resto interrogarlo non ci costa niente, giusto?
Lo faremo domani stesso".
Il giorno dopo, Giorgio si incontrò con Gianni, nel primo pomeriggio,
e raggiunsero l'abitazione del dottor Schiavoni con la 127 di Giorgio.
Durante il percorso, il giovane confidò alcune sue considerazioni
all'amico.
"Immagina la scena della quale saremo interpreti, tra un pò:
noi che arriviamo lì, belli come cherubini, ma senza mandato, senza
una qualifica di alcun genere e a quello diciamo: 'dica la verità,
tutta la verità, nient'altro che la verità'; il quesito
che ti pongo è questo: da quel momento, quanti secondi passeranno,
secondo te, prima che ci troviamo a rotolare giù per le scale,
brutalmente scacciati da Schiavoni?"
"Pochi, l'avevo pensato anch'io. Ma come gliela mettiamo a nome,
allora?"
"Elementare, Watson; per una volta usiamo l'astuzia anziché
la grinta".
"Nel dettaglio...".
"Beh, sta' a sentire se ti sfizia; siamo due autori di libri gialli
ed abbiamo scelto (casualmente, sia chiaro!) il caso Spagnolo come canovaccio
della nostra storia. Non volendo andare a rompere le scatole alla famiglia,
se lui volesse essere così gentile da rispondere a qualche domanda,
bla-bla-bla. Gliela vendiamo confezione-regalo, con nastrini, fiocchetti
e tutto, e, se abbocca, gli facciamo un paio di domandine facili-facili,
tanto per scaldarci. Poi gli tiriamo la botta da un milione di sesterzi
e vediamo come va a finire".
"E se va buca?"
"Se va buca è colpa tua!"
"Perché, poi?"
"Perché non hai avuto l'idea buona, prima di tutto, e poi
perché il capo sono io e non sbaglio mai!" "Mavaldiavolo!"
Lì a poco, accolti dal dottor Schiavoni, raccontarono la loro fanfaluca,
con la quale vinsero la diffidenza iniziale del medico.
Dopo un poco, incrociando mentalmente le dita per scaramanzia, Giorgio
fece 'la domanda'.
"... Ma adesso, tanto per delineare meglio il personaggio, dottore,
vorrei prospettarle l'ipotesi che lo Spagnolo (è solo una ipotesi,
badi bene!) fosse dedito a... sì, come dire... ecco, pratiche omosessuali".
Gianni notò un rapido movimento del medico ed una breve esitazione
sgomenta, prima di rispondere.
"No, penso di poter escludere che lo Spagnolo avesse deviazioni del
genere. Baso questa mia asserzione sia sulla conoscenza che avevo del
soggetto, sia sul fatto che conosco a fondo la 'forma mentis' e le reazioni
emotive degli omosessuali; questo grazie ad elementari cognizioni di psicologia,
che devo avere per la mia attività, ed anche al fatto che un paio
di miei pazienti sono ... affetti da questo genere di turbe psicologiche.
No, escludo assolutamente questa ipotesi".
Giorgio assentì lentamente, come se lui avesse già conosciuto
la risposta che il medico avrebbe dato.
Dopo questa domanda, formulata con noncuranza, vennero posti al medico
altri quesiti banali, tanto per salvare le apparenze; poi la conversazione
languì ed i due amici decisero che non era il caso di continuare
ed entrarono nell'ordine di idee di togliere il disturbo.
Schiavoni, però, volle informarsi sulla loro (fasulla) attività,
chiedendo lumi sull'intreccio della storia. I due giovani risposero in
maniera soddisfacente, inventando di sana pianta.
Poi un'altra bordata di convenevoli e ringraziamenti, appena
prima che Giorgio e Gianni lasciassero l'abitazione del dottore.
Stavano scendendo le scale quando Giorgio, con voce indifferente, si rivolse
a Gianni.
"Okei, tu cosa ne pensi?"
"Come sarebbe a dire? Non hai notato come ha reagito, quando glielo
hai chiesto?"
Il viso di Gianni esprimeva la massima incredulità, come se il
sospetto che l'amico volesse prendersi gioco di lui, fosse germogliato
nella sua mente.
Si fermò sul pianerottolo, guardando l'amico che lo fissava con
uno sguardo ironico.
"Perché, cosa ha scoperto il nostro Sherlok Holmes, di così
importante, da giustificare quella faccia da gesuita di fronte ad una
femminista?"
"Ma stammi a sentire. Ti ricordi cosa ha fatto, quello, quando hai
ipotizzato che Bruno potesse essere finocchio?"
"Avanti, dimmelo tu cosa ha fatto".
"Certo che te lo racconto! Stava giocherellando col fazzoletto nel
taschino, ma quando glielo hai detto ha portato la mano alla gola, così.".
E portò la mano destra al collo, col pollice un poco sotto l'orecchio
destro, le dita unite verso sinistra ed il palmo della mano poggiato sulla
base del collo. "Contemporaneamente ha spalancato gli occhi, alzando
le sopracciglia; poi si è controllato, ha levato la mano, ha deglutito
e ti ha risposto".
"Interessante; e allora?"
"Ma come 'allora'! Ne conosci abbastanza di finocchi, da sapere che,
quando sono in imbarazzo, fanno un tipico gesto femminile: quello, appunto,
di portarsi la mano alla gola, come per proteggersi. O no?"
Giorgio fece un ampio sorriso.
"Uh-uh, hai ragione. Volevo semplicemente essere sicuro che tu avessi
notato un qualcosa di... 'diverso' nel nostro amico. Adesso torniamo su
e vediamo di farlo cadere in qualcuno dei nostri diabolici trabocchetti".
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Fine modulo 26 =======================================
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