Poi fu un attimo.
Il pesante veicolo, puntò verso la ruota anteriore della Fiat,
Giorgio urlò un "Checcazzofa?", i due veicoli si urtarono
e la piccola vettura, allora, puntò verso l'estremità del
guard-rail, che penetrò nell'abitacolo sfondando la portiera di
sinistra, trapassando il corpo di Giorgio e fermandosi contro il telaio
del sedile.
Per l'urto, la portiera di destra si spalancò e Gianni, bolide
urlante, precipitò nel vuoto; venti metri più sotto, l'impatto
con una roccia lo uccise, ma il suo corpo rotolò ancora per qualche
metro.
Il fuoristrada si fermò poco più avanti; il conducente osservò
brevemente la macabra scena e ripartì subito.
Sul luogo del sinistro aleggiò, per qualche istante, una lugubre
risata demenziale, subito cancellata dal rumore del veicolo che si allontanava.
Pochi minuti dopo, il distratto bigliettario del casello di Recco non
notò il parafango destro, accartocciato, di quel Range Rover guidato
da un tizio che continuava a ridacchiare.
"Ciao, Pippo! Che piacere rivederti!"
La minuta Titta sembrava ancora più piccola, accanto al massiccio
partenopeo; non che Filippo Maria fosse eccezionalmente alto, intendiamoci;
però aveva un fisico robusto che, a tutta prima, poteva sembrare
tarchiato, anche se non aveva un filo di grasso. Infatti, era sempre stato
un appassionato sportivo e praticava, tuttora, la pallanuoto.
"Ciao, coso!" Rispose questi, sorridendo, e Titta finse di arrabbiarsi
al vecchio scherzo dell'amico. La sua voce era bassa, la parlata ponderata:
il napoletano sembrava la quiete assoluta; impressione, questa, dettata
anche dalla lentezza dei gesti causata, in verità, da un'innata
pigrizia.
Titta si fece narrare dall'amico le esperienze di quell'anno trascorso
lontano.
"Cosa ti devo dire? La banca mi ha mandato per un anno a Trieste,
ma ieri l'altro ho finito; così ho preso tutte le mie carabattole
e sono arrivato oggi pomeriggio. Tu e Giorgio, invece, come state? Quel
matto va sempre in macchina alla solita maniera omicida?"
Titta rise. "Sì, va sempre come un matto e la polizia stradale
non riesce mai a prenderlo".
"E adesso, dov'è finito?"
"Ah, il segugio è dietro una pista!" "Come?"
"Vedi, Pippo, è una storia lunga; ma, per farla breve, potrei
dirti che Giorgio sta indagando su un omicidio successo a maggio. A quanto
ho capito, sembra che oggi, lui e Gianni (sai, Gianni Cacino, lo hai conosciuto,
no?), beh, sembra che abbiano scoperto qualcosa di importante; adesso
saranno in autostrada a rifletterci sopra, come al solito. Ma non ti preoccupare,
ancora una decina di minuti e sarà qui: sai che razza di fanatico
è, per la puntualità. E adesso, raccontami un po' ..."
Chiacchierarono a lungo, ma verso le dieci e mezza, Titta cominciò
ad essere stupita e preoccupata per il ritardo di Giorgio.
"Non ti preoccupare" disse Filippo Maria "la stradale lo
avrà finalmente preso e, anziché dargli una megamulta, lo
avranno fucilato contro la spalletta di un ponte dicendo 'giustizia è
fatta!'".
Titta rise, alla battuta dell'amico, ma senza troppa allegria: ebbe l'impressione
di rivedere l'uccellaccio di prima. Le lancette strisciavano lentamente
sul quadrante dell'orologio, secondo Titta che diventava, manmano che
il tempo passava, sempre più ansiosa.
Filippo Maria si rendeva conto della situazione psicologica dell'amica
e, per tenerle la mente occupata, le raccontava annedoti sulla Napoli-top.
Nonostante i tentativi del partenopeo, Titta seguiva il passare del tempo
con crescente ansia, tanto che, alle undici passate da qualche minuto,
la giovane interruppe l'amico.
"Ho paura che sia capitato qualcosa a Giorgio: non ha mai tardato
così tanto senza avvertire; anzi, sento che gli è successo
qualcosa di brutto".
"Dai, non drammatizzare: avrà semplicemente trovato un'altra
ragazza e sarà scappato con lei lontano dalla tua vendetta".
"No, Pippo, seriamente: sento che gli è capitato qualcosa
di brutto".
Titta era nervosissima, come l'amico non l'aveva mai vista.
"Prendo l'elenco e cerco il numero del pronto soccorso: non resisto
più ad aspettare".
"Dai, calmati, Titta; magari ha avuto un guasto in autostrada ed
è stato ad aspettare il carroattrezzi finora; vedrai che entro
le undici e mezza, hai sue notizie. Anzi, se per quell'ora non si è
fatto vivo, telefono io agli ospedali, d'accordo?"
Erano le undici e ventinove, quando suonò il campanello; Titta
corse ad aprire ed ebbe una delusione, poiché credeva che fosse
Giorgio. Era, invece, Olcese che si presentò con un sorriso ed
una bottiglia di succo di frutta. Filippo Maria, che conosceva di vista
il commissario, notò un che di forzato nel suo sorriso, come se
'dovesse' sorridere.
"Titta carissima, scusa il mio arrivo a quest'ora, ma sono qui a
causa di una telefonata di Giorgio ..."
"Ma doveva essere qui già da un'ora e mezza; perché
non è ancora arrivato?" lo interruppe la giovane donna.
"Stai calma; sarà qui tra una mezz'ora. Mi ha detto di venire
per festeggiare la fine dell'inchiesta: dice che sa tutta la verità
sul caso Spagnolo anche se, da stronzo qual'è, non mi ha voluto
spiegare niente. Mi ha ordinato di portare una bottiglia di succo di frutta
per festeggiare; dice che è meglio brindare con non alcolici perché
avremo bisogno di tutta la nostra lucidità. Mi ha anche detto di
cominciare a bere, mentre lo aspettiamo; perciò fila a prendere
i bicchieri che brindiamo, sbrigati!"
Titta rimase interdetta, ma subito si alzò e tornò con cinque
lunghi bicchieri.
Olcese versò il succo di pesca, accennò un brindisi e portò
il bicchiere alle labbra. Poi storse la bocca.
"Accidenti, è caldo! Dai, Titta, metti la bottiglia in frigo,
così, quando arrivano gli altri, è un po' più fresca".
La ragazza annuì, si alzò e si diresse in cucina.
Filippo Maria socchiuse un poco gli occhi, osservando il commissario con
lampi di curiosità ed ironia nello sguardo malizioso; capiva che
il poliziotto stava facendo una sceneggiata ed era curioso di capirne
il perché.
Come Titta uscì dalla stanza, Olcese sembrò percorso da
una scarica elettrica: mostrò brevemente il tesserino del Ministero
degli Interni, che lo qualificava commissario di P.S., facendogli contemporaneamente
cenno di tacere; il suo sguardo preoccupato, avrebbe fatto capire anche
ad un albero che non stava scherzando. Subito dopo, estrasse da una tasca
un bottiglino contenente un liquido incolore che versò nel bicchiere
della sua ospite.
Finì tutte queste rapide manovre appena in tempo: si stava risedendo,
quando Titta entrò nella stanza. Per i successivi cinque minuti,
la conversazione si mantenne banale, ma il napoletano notò che
la ragazza sembrava assopirsi.
Allo scadere del quinto minuto Olcese, raccolto tutto il suo coraggio,
parlò con voce piana, col tono che si usa con un bambino non troppo
intelligente.
"Sai, Titta, non è vero che mi ha mandato Giorgio".
Attese qualche istante, affinchè la giovane avesse il tempo per
assimilare la sua affermazione.
"Sai, Giorgio non è venuto perché ha avuto un incidente
con la macchina. Lo so che ti senti strana, mezza addormentata;
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Fine modulo 31 =======================================
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