"Aspetta,
non correre troppo! Se ci rifletti un attimo, vedrai che c'è un
particolare che non ci permette di scartare quest'ipotesi: in una coppia
di finocchi, di solito, uno fa la parte passiva, d'accordo, ma l'altro
fa la parte attiva; se sei un finocchio attivo, solo attivo, il perito
settore non lo scoprirà mai, neanche se diventa un perito otto-ore!
Hai detto che era un ragazzo di vent'anni; se io fossi 'nu femmenella',
mi metterei giusto con un ragazzo di quell'età. Non credi?"
Giorgio tacque, assorto, per qualche istante.
"Dì, non credi? Chesta, p'me, è 'a raggione!"
"Non ti agitare, stavo riflettendo". Si accese lentamente una
sigaretta.
"Sì, il tuo discorso regge; in effetti quello che hai detto
può quadrare con l'autopsia. Cinzia, poi, poteva saperlo o non
saperlo, non è importante: difatti, se lo avesse saputo, o anche
solo immaginato, non lo avrebbe mai ammesso; per esempio, per non sparlare
del suo defunto amore. E già, così tutto quadra!"
Davanti a loro brillavano, indifferenti, le luci dell'area di servizio
di Sestri Levante, con le insegne dei distributori che spandevano un'irreale
luce giallina sul piazzale praticamente deserto.
"Sai Gianni, direi che ci siamo meritati una tazzulella 'e café,
pensando così intensamente; sei d'accordo?"
Confortato dall'entusiastica approvazione del napoletano, Giorgio parcheggiò
di fronte al bar.
Trascorsi tre quarti d'ora, erano nuovamente a Genova e Giorgio si rivolse
all'amico, dopo un lungo silenzio meditabondo.
"Ho una certa idea sul dove cominciare a fare domande, ma pensavo
che avrei bisogno di qualcuno che mi copra le spalle, in caso di complicazioni;
ho anche bisogno di una foto del nostro amico, ma non è un problema
averla: me la farò dare da Cinzia. Conto per domani sera di avere
la foto e, pensavo, sarebbe simpatico cominciare la nostra inchiesta giusto
domani sera. Che ne pensi?" Il napoletano annuì.
"Allora ti passo a prendere alle nove, sotto casa tua, okei?"
"Sì, va bene; però vorrei pregarti di una cosa: cerchiamo
di non infilarci nei casini".
Giorgio annuì, lo accompagnò a casa e se ne andò
a dormire: era stata una giornata molto intensa e, a quell'ora, desiderava
solo il fresco contatto con le lenzuola del suo letto.
Le otto del mattino seguente, sorpresero Giorgio Zanelli ancora in balia
del sonno. Soltanto il telefono, quando dormiva così profondamente,
sarebbe riuscito a svegliarlo e, quella mattina, l'infernale apparecchio,
forse conscio del fatto di cui sopra, cominciò a riempire la stanza
con ondate di suoni.
Con gli occhi ancor chiusi, Giorgio frugò spasmodicamente tra svegliabicchierd'acqualibroaspiri-naportaceneresigaretteaccendino
(accidenti, ho rovesciato l'acqua sul libro!), alla ricerca del diabolico
apparecchio.
"'Onto ... qui il centodieci... Giorgio chi? ... Giorgio Zanelli?
... guardo se c'è ... Cinzia? ah, sei tu! ... ma ti sembra questa
l'ora di rompere le scatole alla gente perbene? ... cosa ti è successo?
... vengo subito, ma fammi trovare del caffè, tanto!"
Borbottò una nutrita raffica di sacramenti mentre si staccava dal
tiepido lenzuolo, si infilava jeans e maglietta e guardava sotto il letto,
alla ricerca dei mocassini.
Cinque minuti dopo, con la 127 che sputacchiava e sternutiva protestando
per la brusca partenza a freddo, si inserì nel traffico, diretto
verso Albaro.
Dopo altri cinque minuti, arrivò davanti al 25 di via Siena. Premette
il pulsante del citofono e varcò il portoncino, passando davanti
alla telecamera tanto cara ad Olcese.
"Ciao, Cinzia. Prima di tutto voglio il caffè che mi hai promesso,
dopo di che mi spiegherai, per filo e per segno, cosa ti è successo
di tanto grave da non potermene neanche parlare per telefono".
La ragazza, pallida, annuì e portò subito una tazzona di
caffè bollente che Giorgio, dopo aver zuccherato, sorseggiò
con visibile piacere.
"Buono! Dove hai imparato a fare un caffè così?"
"Sulle istruzioni del Nescafé. Ora che l'hai bevuto, il tuo
maledetto caffè, ti spiace starmi a sentire un momentino?"
"Avanti, raccontami cos'è successo, di così catastrofico".
La ragazza, visibilmente nervosa, si sedette sull'orlo del divano.
"Ecco, vedi ... io ... sì, ho sognato, ecco! ... ho fatto
un sogno ... agghiacciante, ecco!"
Giorgio sgranò gli occhi. "E tu, cretina paranoica che non
sei altro, mi vieni a rompere le balle per un sogno!"
"Ma Giorgio, è stato orribile! Ho sognato che ero in macchina
con un amico, uno che non conosco, ma che sapevo che era un amico; poi
mio padre, in una stanza, ha acceso la luce e, quando si è accesa
la lampadina, una lampadina potentissima, io ho preso fuoco! Oh, Giorgio,
è stato orribile!" Le spalle della giovane erano scosse dai
singhiozzi.
Giorgio la guardò, stupito. La ricordava come persona equilibrata,
sensata, razionale (quanto lo si può essere a vent'anni, d'accordo!);
ora era colpito da questa eccessiva reazione emotiva della giovane. Cinzia
era visibilmente sconvolta e Giorgio, per aiutarla a calmarsi, decise
di trattarla con dolcezza.
"Ma Cinzia, ti rendi conto che sei andata in paranoia per un semplice
sogno? Mi sembra assurdo che tu sia così nervosa per una cosa così
semplice. In questo periodo, nonostante la tua apparente calma, sei molto
tesa; questo ti può aver portato a dormire sonni agitati e, si
sa, quando non si dorme bene è facile fare brutti sogni. Esaminiamo
la parte di incubo del tuo sogno: dici che tuo padre ha, in qualche maniera,
provocato la tua morte; direi che questo è assurdo, visto che tuo
padre impazzisce, quasi, per te. O mi sbaglio?"
"No, è vero. Hai ragione, probabilmente ho dormito male, ma
sai, era un sogno così nitido ..."
"D'accordo, incidente chiuso. Ma pensaci mezza dozzina di volte,
prima di chiamarmi un'altra volta per una cosa così, va bene? Mica
posso tenerti per manina quando dormi, scusa!"
La ragazza tentò un timido sorriso.
"Però sarebbe simpatico che lo facessi".
"Calma-calma! Poniamo il caso che io abbia una ragazza ..."
"Ce l'hai?" "Sì, perché?" "Così,
tanto per sapere ..."
Giorgio pensò, con vago rimpianto, all'occasione che, forse, gli
era sfumata. O si era trattato di un'impressione dettata dalla sua fantasia?
Lo ammetteva, Cinzia gli piaceva più che allora, ma questo non
voleva dire che ... O forse lo voleva?
La ragazza sorrideva invitante, in attesa della sua prossima mossa. Giorgio
era una persona con la battuta sempre pronta, con la mente sveglia e con
le parole giuste sempre al momento giusto ... meno che in quei casi: con
le ragazze, in certi frangenti, era una catastrofe.
L'attimo svanì, l'incanto si era rotto.
"Vuoi dell'altro caffè?" "No, grazie". Disse
sorridendo; poi si accese una sigaretta, si passò l'indice sui
baffi e ruppe il silenzio.
"Sai, circa la mia indagine..." "Sì, ci ho pensato
su: se ti vuoi interessare di tutta questa faccenda, fallo pure; se invece
vuoi chiamare Olcese e dirgli tutto, fallo. Basta che tutto questo la
finisca di rovinarmi il sonno, che troviate l'assassino e che io possa
dimenticare tutto ... col tempo".
"Beh, ho intenzione di andare avanti io, per adesso, e mi servirebbe
una cosa, da te. Hai una fotografia del caro estinto? Ho avuto una mezza
idea, sui motivi della sua prematura scomparsa, e vorrei controllarla".
Cinzia lo guardò con un'espressione feroce.
"Te la do, ma fammi il santissimo piacere di piantarla di fare il
buffone. A modo mio, ma gli volevo bene; quindi dacci un taglio!"
Uscì dal soggiorno e tornò, dopo pochi attimi, porgendogli
un'istantanea. Era una foto in bianco-e-nero di piccolo formato, una di
quelle foto che i fotografi fanno per la strada, all'improvviso; oltre
a Bruno vi era anche, mano nella mano, Cinzia che gli stava, evidentemente,
parlando.
Giorgio la infilò nella tasca posteriore dei jeans e sorrise.
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