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Diario di Bordo (Sesta parte)

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MONDIALI E CIVILTÀ

Non so se ve ne siete accorti, ma non molti anni fa si sono svolti, nel nostro paese, i Campionati del Mondo di Calcio. So che è stato un avvenimento passato in sordina, trascurato dai media, a costo praticamente zero per la comunità, con una brutta mascotte che, per depistare i curiosi, è stata battezzata col nome di un celebre ciclomotore.
Eppure è successo, giuro!
Per organizzare questo oscuro avvenimento, che ha schierato i più validi pedatori del pianeta, sono stati fatti e rifatti -col favore delle tenebre per non disturbare- dodici templi del dio palla ai quattro angoli del Paese. Ormai leggendaria l'esperienza vissuta dalle squadre genovesi: una domenica sono andate a giocare nel vecchio stadio e, la domenica seguente, erano nel nuovo, costruito nell'identica posizione del precedente, senza aver subito alcun disagio (a parte che i giocatori aprivano la porta che anticamente portava alle docce e si trovavano invece, nudi, sul piazzale antistante!), senza rimetterci una lira, senza dover rinunciare a vendere un solo biglietto, potendo sempre giocare sul campo che era stato il migliore d'Italia ma che, misteriosamente, si era riempito di dune di sabbia e laghi d'acqua, manco fosse la spiaggia di Dunquerque durante la bassa marea.
Al di là dell'ironia (se non avevate capito che stavo polemizzando scherzosamente, date retta a me: sparatevi!), dopo tre anni di gravi disagi per la città e le squadre, dopo due morti nel cantiere, dopo i Mondiali, Genova si è ritrovata uno stadio che -a me, personalmente- piace moltissimo; sia dal punto di vista architettonico che da quello di fruizione dello spettacolo: è un vero giocattolino (uso il riduttivo anche perché, nel cambio, le società e gli appassionati ci hanno rimesso oltre diecimila posti!), magnifico e molto coreografico anche per le riprese televisive, con i monti culminati da antiche fortificazioni, tutt'intorno, a far da quinta.
In questo stadio giocattolo, dedicato a Luigi Ferraris -calciatore del Genoa caduto nella prima guerra mondiale-, posto al centro del popoloso ed angusto quartiere di Marassi, si sono scontrate, nella magica estate del novanta, le rappresentative nazionali della Costarica, della Scozia e della Svezia e si sono incontrate le relative tifoserie. Distinguo tra lo scontro delle squadre e l'incontro dei tifosi perché Genova, da questo punto di vista, è stata molto fortunata: la correttezza, la civiltà, l'educazione di questi sostenitori, ha permesso ai nostri ligustici caratteri chiusi di aprirsi e di far diventare questi fatti sportivi l'occasione per l'amicizia, per la fratellanza tra i popoli.
E' vero, hanno fatto caciara, ma festosa, assieme e coinvolgendo anche noi. Le loro squadre si erano incontrate, avevano vinto, perso: non aveva importanza! Mi ha commosso -pensando agli eccessi che i nostri teppisti calcistici compiono- vedere questa gente, ancora coi colori nazionali dipinti sul volto, conversare quietamente ed amichevolmente ad un quarto d'ora dalla fine dell'incontro, magari passandosi una bottiglia di vino o birra fortunosamente riuscita a filtrare tra i divieti alcolici di quelle notti magiche.
Mi ha fatto venire in mente il cosiddetto 3° tempo del rugby, dove giocatori e sostenitori -finito l'evento agonistico- si incontano fraternamente davanti a belle birrozze; del resto gli inglesi -nel senso di britannici e non solo strettamente vincolati al territorio dell'Inghilterra-, "inventori" della versione moderna del calcio e del rugby, fanno notare che "il rugby è un gioco da teppisti giocato da gentiluomini, il calcio un gioco da gentiluomini giocato da teppisti". Hanno, evidentemente, capito tutto…
Nel mio studio ho un... "trofeo" al quale sono molto affezionato, un ricordo bellissimo di quelle notti che avrei voluto non avessero più visto l'alba: il berretto di un tifoso scozzese, regalatomi da uno svedese (che lo aveva avuto in dono, senza razziarlo!) per aver portato una bottiglia di vino, da bere tutti assieme, figli di paesi diversi, ma accomunati dall'amore per l'umanità e dalla passione per la palla che rotola.
E' scattato il feeling, direi quasi l'amore tra noi e questa gente: li abbiamo accolti con affetto, con amicizia ed hanno ammesso di essersi trovati benissimo; non la finivano più di ringraziarci, ma siamo noi ad avere un debito con loro: ci hanno fatto capire che il calcio può e deve essere un'occasione di civiltà.

 

CARTOLINA DA GENOVA, CON CANTIERI (ALLORA E 10 ANNI DOPO)

Nota dell'Autore: Rileggendo queste note a distanza di oltre dieci anni dalla loro stesura, mi ha fatto vedere come un'istantanea che la mia mente aveva scattato a Genova.
Riguardare una foto di qualcuno (o qualcosa) che si ama, a distanza di due lustri, è un'occasione per riflettere sui cambiamenti del soggetto, oltre che di ciò che circonda il soggetto ed, infine, anche sui nostri cambiamenti.
E' difficile capire se quel certo particolare è andato semplicemente fuori moda o se, invece, è stato scavalcato dal mutare dei nostri gusti…
Comunque, la rilettura è stata utile per crearmi una sorta di "punto zero", di origine delle mie impressioni, per poter valutare i cambiamenti accaduti in questo decennio.
Nel magico mondo di Internet, quando si vuol rispondere dettagliatamente ad una email, la si "quota" (dal verbo inglese "to quote", testualmente "citare"), cioè ricopiando la lettera originale ed interrompendola nei punti giudicati opportuni per inserire il nostro commento.
Con il brano che segue, voglio provare a "quotare", cioè ad inserire (in corsivo) i commenti ed il… come-è-andata-a-finire di ciò a cui avevo accennato allora.
Spero che l'esperimento vi diverta e vi piaccia: mal che vada avrete capito, se ancora non lo sapete, a cosa diavolo alludono i vostri amici internauti quando parlano di quotare…

CARTOLINA DA GENOVA, CON CANTIERI

Genova, dicembre 1991
Pochi mesi fa è partito da Genova il Rally dei Faraoni, una di quelle affascinanti gare che si svolgono principalmente nel continente africano, come la più celebre Paris-Dakar, per la quale diverse case motoristiche e parecchi privati scendono in gara schierando moto, autovetture ed autocarri, rigorosamente a trazione integrale, col supporto di squadre d'appoggio, di una considerevole scorta di pezzi di ricambio ed una notevolissima quantità di soldi. Vi basti pensare che, solo di iscrizione, si devono tirar fuori una decina di milioni di lire.

Il fascino di queste competizioni, ormai, riguarda solo gli appassionati: le notizie relative non vengono più date in prima pagina, ma solo date en passant in fondo alle pagine sportive, insieme ai risultati dei tornei di softball e di bocce…

Il prologo a cronometro, che avrebbe permesso di stilare l'ordine di partenza della gara, si è svolto su un circuito -di un paio di chilometri- appositamente preparato nel costruendo porto di Voltri(1) , ma se gli organizzatori del rally fossero stati più oculati, avrebbero potuto utilizzare una prova speciale già bell'e pronta: piazza Caricamento.

Il porto di Voltri, conosciuto anche con l'acronimo VTE (Voltri Terminal Europe), è una realtà consolidata, una nuova area portuale per la movimentazione dei container, uno degli ingredienti fondamentali della scalata del Porto di Genova alla classifica dei porti mediterranei ed europei.

Questa piazza si affaccia sul mare, in teoria; in realtà era separata dal liquido elemento da una cinquantina di metri di porto, protetta da un'alta cancellata sorvegliata da feroci Finanzieri e culminata dalla Sopraelevata, una strada di attraversamento veloce che scorre ad una dozzina di metri dal suolo.
Adesso, a parte la Sopraelevata, è tutto diverso: è separata dal mare da una cinquantina di metri di cantiere colombiano, triplice sbarramento di palizzate, trincee, fossati anticarro, camminamenti, montagnole di detriti, pozze di acqua maleodorante, tra i quali si aggirano frenetici lavoratori edili, puntigliosi archeologi, macchine da cantiere, carichi sospesi e ferocissime guardie giurate.

Adesso, a parte la Sopraelevata che dovrebbe essere sostituita -entro tre o quattro anni- da un tunnel sotto il porto, è tutto diverso: è unita al mare da una pavimentazione di pietra (pavimentazione che ha, in vista del tristemente famoso G8, finalmente sostituito l'orrendo asfalto frettoloso degli ultimi giorni utili prima delle Colombiane), che quindi prosegue oltre il greve portale della Sopraelevata e permette di arrivare all'ombra delle palme piantate su quelle che sono state le banchine del porto commerciale e che ora, grazie alla lungimiranza dell'architetto Piano, sono una affascinante e vitale parte di questa Genova di inizio millennio.

Questa piazza, dicevo, è interessata a diversi cantieri, fondamentali per il futuro della città; cercherò di stilarne un elenco e non me ne vogliate se ne dimenticherò qualcuno.
Cominciamo con l'elencare il cantiere per la metropolitana, che passa sotto -vabbè-, ma le stazioni da qualche parte dovranno pur farle, no? E perché non farne una in piazza Caricamento? E' una piazza centrale -lo sfogo naturale del Centro Storico-, ci passa un sacco di gente ogni giorno, nei dintorni ce ne lavora un altro sacco, è ricca di negozi ed agenzie marittime, c'è Palazzo San Giorgio (sede di rappresentanza dell'ente che dovrebbe riuscire a gestire il porto) e poi, vantaggio non marginale, ci deve giusto passare la metropolitana sotto.

Dopo avventure più movimentate di quelle di Indiana Jones, che hanno visto succedere letteralmente di tutto (dai sequestri giudiziari, ai contenziosi economici, dall'acquisto di una "talpa" meccanica con la fresa così grossa che non riuscivano a farla passare sotto la sopraelevata per farla arrivare al cantiere, alla mancanza dei finanziamenti, dalla rottura della fresa sotto la città alle infiltrazioni dei rivi) sembrerebbe che, alla fine del 2002, si possa finalmente arrivare in metrò da Certosa fino a piazza Caricamento. (nota postuma: la data è stata luglio 2003: come volevasi dimostrare…) Si dice -poi- che la metropolitana arriverà, dopo altri due anni, fino alla stazione di Brignole -passando sotto piazza Sarzano nel centro storico, sotto piazza De Ferrari e sotto piazza Corvetto, anche se le vicende degli ultimi dieci anni suggeriscono tonnellate di prudenza…

Apro una parentesi: il metrò genovese è detentore di due record mondiali: è la prima metropolitana in una città con meno di un milione di abitanti ed è quella più corta, per ora: in uso ci sono solo due stazioni, unite da due chilometri e mezzo di binari(2) . L'assessore al metrò della precedente amministrazione era così entusiasta di essere l'assessore alla metropolitana Rivarossi che lo hanno premiato: con una dote praticamente condominiale di preferenze (circa duemila), lo hanno insediato nella (scomoda) poltrona di Sindaco della superba. Così impara! Chiudo la parentesi.
Poi c'è il cantiere -sterminato- per l'area espositiva per festeggiare il cinquecentesimo anniversario della scoperta dell'America, che arriva fino al limitare della piazza (il cantiere, non l'America, banda di distratti!). l'effetto per quella parte di città è simile a quando nell'appartamento di fianco al vostro c'è una festa: da voi tutto tace, ma provate un pò a dormire, se ci riuscite!

L'Area Expò, dopo le Colombiane, ha preso il nome di Porto Antico ed, oltre ad ospitare l'Acquario (visitato da oltre dieci milioni di visitatori in soli nove anni), offre una multisala cinematografica, musei, librerie, negozi di ogni genere, un centro congressi, bar, ristoranti, gelaterie, una pista di pattinaggio sul ghiaccio accanto al mare, una piscina scoperta (nei mesi caldi, ovviamente!), approdo per centinaia di posti barca -dalla lancetta di 3 metri ai megayatch che battono le bandiere più improbabili- ed è un luogo sempre frequentato, in ogni stagione ed a qualsiasi ora.

Un altro cantiere è quello per il sottovia: hanno pensato di pedonalizzare la piazza, che diventerà la cerniera tra Expo e città, ma... Caricamento è essenziale per l'attraversamento del centro di questa città lunga e stretta; quindi -ovvia conclusione- una bella strada sotterranea. Sulla carta funzionava, era una bella idea; peccato che sbudellare piazza Caricamento, senza poterla precludere al traffico, è più o meno come cercare di rifarvi il letto dove dormite, con la pretesa di non svegliarvi, durante il cambio delle lenzuola.

Le Colombiane incombenti e la fretta di far sembrare tutto finito in tempo, hanno fatto in modo che il sottopasso non fosse abbastanza alto da consentire il transito dei pullman turistici a due piani… Finite le Colombiane, hanno nuovamente chiuso il sottopasso e lo hanno abbassato, con facilmente immaginabili difficoltà alla circolazione.

Ovviamente, hanno dovuto anche deviare un rivo sotterraneo, il rio Sant'Anna, perché sarebbe stato antipatico, ammetterete, averlo come immissario al sottovia. Ergo: altro cantiere!

Forse, ma non è sicuro, dovrebbero finire tra pochi mesi i lavori al rio Sant'Anna. I commenti ve li lascio immaginare… (nota postuma: nel novembre 2003 ci stanno ancora lavorando; data fissata di fine lavori: prima o poi… )

Deviamo il rio Sant'Anna, vogliamo non approfittarne per fare anche un bel collettore fognario per il Centro Storico, che vada a finire nel depuratore della Darsena, giusto dietro l'angolo? Non sia mai!

Questa città non finirà mai di stupirmi: questi lavori sono terminati nei tempi previsti!!!

E via Gramsci, che parte dalla celebre piazza? Perché non dargli una bella allargata? Così potrà sopportare anche il traffico proveniente da via Delle Fontane, che allarghiamo -già che ci siamo!- e facciamo a doppio senso per poter, così, pedonalizzare la trafficatissima ed architettonica via Balbi.
Insomma: altro giro, altro cantiere; anzi, due.

Quando verrà rimosso il cantiere della stazione Darsena della metropolitana, via Gramsci si troverà davvero più larga; adesso, poi, si sta parlando di un'altra idea: trasformarla in una sorta di Rambla barcellonese, con un ampio marciapiede al centro, una o due corsie direzione ponente rasente l'attuale marciapiedi e la carreggiata per l'altra direzione oltre i piloni della sopraelevata, lato mare.
Via delle Fontane, invece, è diventata a doppio senso di circolazione solo dal dicembre 2001, grazie alla totale rielaborazione dei flussi di traffico da parte del cosiddetto Mago del Traffico Winkler, che ha ridisegnato i percorsi -per ora- del centro riuscendo, nonostante il generale pessimismo, a far davvero diminuire il traffico ed il relativo inquinamento nelle zone centrali della città.
Per quanto riguarda via Balbi, invece, i cervelloni del Comune l'avevano già riservata al transito dei mezzi pubblici -nei due sensi- da qualche anno, con comprensibile gioia di chi, abitando lì vicino, doveva percorrere alcuni chilometri in auto per arrivare sotto casa, anziché i precedenti duecento metri.

Ed i caratteristici portici di Sottoripa, che si affacciano proprio sulla piazza, li lasciamo con la pavimentazione così sconnessa? Maffiguriamoci! Arriveranno i forestieri, con le loro belle caviglie non avvezze a certe sconnessioni: vai con le transenne ed i sentieri!

Momento non facile, quello dei cantieri, ma ne è valsa la pena, visti gli entusiasmanti risultati.

Se avete tenuto il conto sulle dita, come ho fatto io, sarete probabilmente arrivati ad elencare otto cantieri (più quelli per ripristinare le facciate dei palazzi prospicienti, che essendo di proprietà dei privati... ognuno per sé, debiti per tutti); poi, per complicare le cose, hanno scoperto -mezzo metro sotto l'asfalto- i resti degli antichi moli quattrocenteschi, rimanendo estremamente sorpresi. Hanno cominciato i lavori senza sospettarne minimamente l'esistenza: forse pensavano che Sottoripa volesse significare addossato alla riva -che so- del Gange e non del mare; oppure -va a sapere!- si aspettavano al massimo di trovare le fondamenta di due baite alpine...
La scoperta dei moli ha portato alla decisione di creare un parco archeologico in mezzo alla piazza pedonalizzata (!), con congruo aumento dei costi, ed a sguinzagliare una muta di giovani archeologi a far schizzi, prendere misure e marcare a uomo ogni malcapitato edile che provi a spostare un sasso.

Triste, la storia dei moli quattrocenteschi: appena ritrovati, si posero la domanda che Karl Marx si fece, a suo tempo: che fare?
La risposta sembrò ai più macchinosa ma non priva di un certo suo fascino: i moli vennero tagliati col filo diamantato in blocchi, imballati in grevi casse e trasferiti temporaneamente in aree comunali. Nel frattempo i lavori sarebbero stati portati a compimento ed alla fine i moli sarebbero stati ricomposti nuovamente nel loro sito naturale.
A distanza di dieci anni, i moli sono desaparecidos: accatastati in aree facilmente accessibili da chiunque, sono stati frammentati da qualcuno per poter usare quelle pietre come materiale per riparare le fasce, dopo che le casse -con gli estremi di identificazione dei vari blocchi- erano miseramente marcite.
Da una parte, c'è da dire che il progetto di lasciarli "a vista", in apposite trincee che avrebbero reso inutilizzabile piazza Caricamento, non era un'idea poi così intelligente (dal punto di vista della fruizione dell'avaro spazio urbano) come poteva sembrare a tutta prima ma, penso, sarebbe stato un bel risparmio di tempo e fatica, una volta terminati i rilievi archeologici che sono stati comunque fatti, distruggerli in loco anziché farlicosì fittiziamente "sparire"…

Potete immaginare, in un'area così ristretta, il trambusto provocato da così tanti cantieri sovrapposti: si narra di una squadra di sterratori che, dopo due mesi di duro lavoro -agli ordini di una mezza dozzina di geometri e di una torma di caposquadra- non sono ancora riusciti a capire a quale cantiere appartengono e quindi, nodo cruciale della questione, quale delle tante ditte appaltatrici gli dovrebbe pagare il salario.
Grande panico aveva provocato, nei giorni scorsi, la maligna voce secondo la quale, nel sottosuolo di Genova, erano state trovate tracce della più grande città etrusca del mondo, oltre alle fondamenta delle uniche due piramidi che gli Egizi avevano costruito fuori dall'Egitto ed i resti di un vespasiano risalente al quarto secolo avanti Cristo, situato proprio sotto la Lanterna (celebre simbolo cittadino che sarebbe stata, quindi, demolita con la dinamite!); per permettere l'approfondito studio e la pubblica fruizione di sì antiche vestigia, avrebbero raso al suolo la città, deportando gli abitanti in Groenlandia, che tanto è danese -quindi nel M.E.C.- e poi lì c'è tanto di quel posto... Alla fine, sembra sia stata trovata una geniale soluzione, per salvare la città: avrebbero richiuso lo scavo (sopra alle antiche vestigia ed anche sopra agli eroici scopritori) e lo avrebbero asfaltato per farci un parcheggio di pullman (anche perché, tanto, non avrebbero più fatto in tempo per le Colombiane!)
I nostri amministratori, comunque, ci hanno assicurato che tutti questi lavori (più l'altro centinaio di cantieri disseminati per la città), serviranno per dare un nuovo slancio a Genova, con un futuro che sarà basato sul turismo, sul terziario e sulle lavorazioni pulite, non inquinanti; poi, citando inconsapevolmente Churchill, ci hanno promesso sangue, sudore e lacrime ( e stress da ingorgo: vi basti sapere che comincia ad essere complicato perfino muoversi con le due ruote), ma che le Colombiane saranno la prima occasione di questo radioso futuro.

Le Colombiane sono state un'occasione per fermare la caduta -praticamente verticale!- della città.
Da allora (sembrano passati secoli, ma sono solo una manciata d'anni) si è ricominciato a sorridere, a sperare, a progettare, a realizzare.
In occasione del vertice G8 del luglio 2001, gli amministratori hanno potuto avere consistenti risorse a disposizione per far emergere il glamour che questa città ha sempre, sia pur sommessamente, posseduto.
Piazza De Ferrari non è più un rondò per auto con al centro una ingombrante fontana, ma una piazza pedonale, decisamente attraente, dove solo i mezzi pubblici hanno la possibilità di transitare, ma da una parte, rasente ai muri, quasi con imbarazzo.
La statua di Garibaldi, che dalla sella del suo cavallo tiene d'occhio la piazza, ha sempre -dopo il mega-cantiere che ha reinventato la piazza e le relative palizzate- la tipica espressione di chi si chiede, demoralizzato, "ed io ora, dove passo?", ma almeno la notte di Capodanno non è più solo: decine di migliaia di persone -anche forestieri- si ritrovano in piazza per festeggiare festosamente il nuovo anno.
Via san Lorenzo non è più un budello dove le auto arrancano, affumicando antiche facciate e pedoni stipati su stretti marciapiedi: ora è un'ampia strada pedonale, su cui si affacciano palazzi che, ripuliti dalla pesante patina di smog, rendono un'esperienza suggestiva percorrere quietamente i suoi trecento metri.
Il centro storico, che era buio e fatiscente, ha cominciato faticosamente a cambiare; la geniale scelta di portare a Sarzano la nuova sede della facoltà di Architettura, ha fatto in modo che quella zona fosse invasa dagli universitari, che si aprissero locali pubblici, che attirano altra gente.
Sappiamo quanto i traffici illegali abbiano bisogno di tranquillità: la gente che sciama nei vicoli del centro storico li ha -per adesso- costretti a spostarsi altrove e questo è un altro passo verso la rinascita: come in una partita a Risiko, le persone normali, magari anche un po' chiassose ma oneste, stanno sottraendo un pezzetto di centro storico dopo l'altro alle "forze del male".
Molte cose sono cambiate, in questi ultimi anni: è stato costruito un terminal traghetti, in porto, che è indubbiamente efficiente, anche se può lasciare perplessi da un punto di vista squisitamente estetico; molti palazzi onusti di storia sono stati restaurati e riaperti e lo stesso Palazzo Ducale è davvero diventato, come promettevano nel 1990, un contenitore culturale.
Ma anche tante, piccole cose contribuiscono a far diventare questa città un posto che vale la pena di essere visitato, per esempio l'azienda di Igiene Urbana.
Dotata di mezzi meccanici efficaci ed efficienti, con personale giovane e motivato, evidentemente bene organizzato, riesce a tenere la città accettabilmente pulita, nonostante il nostro italico popolo non sia famoso per il rispetto dell'igiene nelle parti pubbliche…
La città ha vissuto reali emergenze (basti pensare alle tremende giornate degli scontri del G8) che hanno visto scendere in campo gli uomini e le donne dell'AMIU e trasformare fumanti campi di battaglia in strade ordinate e pulite nel giro di una serata.

Io, da inguaribile ottimista, sto sopportando stoicamente tutti i disagi, ma vi avverto: se per le Colombiane non vi fate vedere, vengo a prendervi per le orecchie!

E' il vostro numero che vi ha salvato! Avrei dovuto venirvi a prendere in troppi; prova ne sia che la Giunta di allora ha gonfiato il numero dei biglietti staccati per accedere all'Expo.
In compenso, adesso ci sono sempre più turisti che vengono a scoprire questa città e tornano a casa estasiati, anche senza i grandi eventi. Che Genova stia, alla fine, vincendo la sua scommessa?

Note:

1) Costruendo da così tanto tempo che Garibaldi partì da Quarto, anziché da Voltri, solo per una serie di circostanze casuali. Si disse -anche- che l'Italia perse la seconda guerra mondiale perché, per insidiare la marina britannica, la Regia Marina avrebbe potuto avere un grande porto a Genova-Voltri, ma purtroppo era costruendo. Sembrerebbe che il primo progetto risalga a Guglielmo Embriaco -detto Mazzaferro- che cominciò a pensarci appena tornato dalla seconda crociata...

2) L'inaugurazione del tratto successivo (aperto all'uso nel giugno 1993), dotato di un'altra stazione e di circa otto-cento metri di binario, non ha minimamente danneggiato il record di cui sopra!

 
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