EGO
E TELEVISIONE
Sono una persona così normale, in apparenza,
che non mi vedreste mai in un programma televisivo, non leggereste mai
due righe su di me (neanche un necrologio!), che quando busso ad una porta
mi chiedono "Chi é?", io rispondo "Nessuno!"
e quelli tutti contenti mi aprono e continuano ad ignorarmi.
Ma... solo in apparenza! In realtà sono un re vestito da straccione,
un potente in coda alla USL, un ministro senza portafoglio, neanche il
suo o quello di qualche vicino!
Se soltanto voglio (e voglio da matti, che diamine!), so catturare e tenere
in ostaggio l'attenzione del mio prossimo a tempo indeterminato. Le mie
doti fondamentali sono quattro: una stupefacente bellezza, una straordinaria
intelligenza, una sterminata cultura ed un'inenarrabile modestia.
Che poi io lo dico così, come battuta: la gente ride, pensa "ma
che simpatico" ed associa l'immagine mentale di me a queste quattro
definizioni. Voi direte: e allora? E allora conosco il funzionamento della
mente umana e so che la risacca del tempo scarnificherà nei mesi
la battuta sino a lasciare l'immagine mentale di me sorretto dai quattro
pilastri bellezza/intelligenza/cultura/modestia.
Diceva (purtroppo) bene il dottor Goebbles, ministro della propaganda
del terzo Reich: continuate a ripetere le menzogne, la gente prima o poi
le prenderà per verità.
Volete una prova? Sacrosanto! Accendete la televisione adesso, in questo
preciso istante: nove su dieci vi beccherete uno spot pubblicitario, dove
vedrete gente di incredibile avvenenza (c'é il trucco: finito lo
spot gli riempiono le tasche di naftalina, li immergono in un vaso di
formalina e li richiudono con cura nell'armadio fino al prossimo spot.
Perché, voi pensavate davvero di trovarvi Megan Gale gomito a gomito
in autobus? Bah...), vivere e muoversi in ambienti di sogno (potenza del
cartone verniciato!), o divertendosi in maniera folle, o svolgendo lavori
almeno molto gratificanti, facendo (la gente stupenda di cui sopra) sorrisi
più fasulli di una banconota da tremilaseicentolire e dicendo,
con aria assolutamente convinta, cose così cretine da far urlare
un sordomuto.
Però, come dicevano i latini, la goccia scava la pietra e quel
bene pubblicizzato, quella vita fasulla si annida come un tumore nella
nostra mente (e nei nostri martoriati conti in banca) e ci fa desiderare
spasmodicamente le cose che ci vengono "consigliate" e senza
le quali avevamo vissuto egregiamente sino ad allora. Siamo, ormai, così
condizionati a creder vero tutto ciò che vediamo in televisione
che, quando conosciamo una persona, se scopriamo che non ha il cellulare
e non guarda la televisione, indietreggiamo spaventati dall'idea che possa
essere contagioso
So che siete iellati: a questo punto, accendendo il vostro 98 pollici,
non avete subito l'irruzione di uno stacco pubblicitario, ma bensì
quello, ben più deleterio, di un programma di intrattenimento.
Benissimo (si fa per dire): guardate gli intrattenitori, ascoltateli con
attenzione e poi rispondete serenamente: sono davvero così più
divertenti di voi? (Non voglio suggerire, ma se la risposta è sì,
date retta a me: suicidatevi, ne staremo meglio tutti!)
Sappiamo che la vostra iella è galattica: accendendo il vostro
megativucolor vi cuccate un telegiornale! La rassegna della mezzacalzetta
vestita a festa è davanti a voi: e se a questo punto avete ancora
dei dubbi... beh, siete decisamente malpresi!
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UNA CITTA',
LA SUA GENTE, IL TRAFFICO E LA LEGGE DI MURPHY
Vivo a Genova. Ci sono nato, seguendo una tradizione
tracciata dai miei genitori, ma adesso che posso scegliere... scelgo Genova!
Sono ferocemente innamorato della mia città, la conosco bene e
conosco la gente che ci vive. Di lei conosco pregi e difetti, so cosa
tiene qui seicento cinquantamila abitanti e cosa spinge molte persone
a cambiare aria.
Mi piace, con grande scandalo per la tipica riservatezza ligure, attaccare
bottone col mio prossimo (mai prossimo fu più distante del prossimo
a Genova!) e con una battuta, con un commento anche banale mi guadagno
per solito una risposta che uso per capire come pensa la gente, per sentirgli...
il polso della mente.
Genova è una città sicuramente particolare: risalente ad
un migliaio d'anni prima di Cristo, era popolata dai Liguri, una popolazione
del ceppo celtico, i quali si sono ferocemente opposti all'invasione dei
Romani, anche se dovettero soccombere allo strapotere militare ed organizzativo
delle loro Legioni.
Nei secoli è sempre stata, col suo porto naturale, un nodo di traffici
mercantili che ha, via-via, assunto sempre maggiore importanza nel bacino
del Mediterraneo. Agli albori della civiltà industriale, molti
opifici (non ridete! Una volta si chiamavano così!) vennero impiantati
da queste parti ed ancora adesso, anche se in via di smantellamento o
-come si usa dire adesso- di riconversione, una bella fetta di reddito
locale proviene da queste tetre fabbriche.
Molti genovesi (e liguri) si sono guadagnati, con parole ed opere, il
loro cantuccio nella Storia, ma non sto ad elencarli tutti perché
vorrei restare sotto le mille pagine. In ogni caso, diciamo che senza
Genova ed i genovesi, la storia nazionale ed universale sarebbe parecchio
diversa, in praticamente tutte le sue branche.
Genova, ovviamente, rispecchia la mentalità tipica delle genti
di Liguria, con case ricche, belle, ma più chiuse della nostra
pronuncia della e (così diversa dalla e romana, aperta come l'oceano!);
viene considerata (Genova, non la e chiusa, zuzzurelloni!) la più
inglese tra le città della penisola per due sue peculiarità:
il fatto che qui la sua gente è, apparentemente, dedita a farsi
i casi propri (ma su questo punto ci torniamo!) e per il cosiddetto understatement,
perfida parola della lingua che fu di Sheakespeare, Milton, John Lennon
e Paul Gaiscogne il cui significato è, più o meno, scegliere
di avere un basso profilo, non apparire. A Genova ci sono persone favolosamente
ricche, ma non le sorprenderete mai ad ostentare i propri agi (e, sopratutto,
mai e poi mai in una plebea dichiarazione dei redditi: ma qui, tutto il
mondo è paese!).
Una Ferrari parcheggiata per strada, per esempio, è evento così
raro da attirare, quasi, torme di curiosi degne delle piazze dell'Europa
orientale, sia per la rarità del veicolo, sia per cercare di capire
come diavolo ha fatto, il conducente, a trovare un buco in una città
dove i soliti immancabili, diabolici, fantomatici esperti, hanno dichiarato
che mancano i parcheggi per almeno trentamila autoveicoli.
In effetti, su questa riva del mar Ligure, la gente compra le macchine
per viverci, immota, negli ingorghi che iniziano dalle settemmezza del
mattino per arrivare comodamente alle otto, ottemmezza la sera. Siamo
però organizzatissimi: a parte il telefonino, il fax e, chi se
la può permettere, la segretaria, su certe auto ho potuto spiare
l'esistenza di mobiletti bar, cucine da campo, frigocongelatori da 800
litri, cassetti con ricambi di abiti e biancheria, lavatrici, scomparti
per le pantofole e per il pitale, idromassaggi, televisori da 56 pollici
con suono stereofonico e televideo ed infine, nel bagagliaio, uno scooter,
che è l'unica possibilità di muoversi in una città
ingorgata e montuosa, senza chiamarsi Rheinold Messner od avere le ali
modello Arcangelo Gabriele.
Nonostante le apparenze, tuttavia, gli automobilisti osservano tra loro
le buone regole di un rapporto simbiotico(*): riescono, con lunghi passamano,
a far giungere a distanze mirabolanti giornali, panini, bibite, rotoli
di carta igienica, commenti sull'assessore al traffico, maledizioni anche
molto articolate e così via. E spesso nascono anche rapporti interpersonali:
si scambiano nomi, cognomi, numeri di telefono, indirizzi, numeri della
patente e dell'assicurazione, insulti... tipo tamponamento, per intenderci.
Il discorso, poi, della gente che si fa i casi suoi, necessita di una
precisazione di fondo: a Genova è impossibile fare una qualunque
cosa, fuori dalle proprie mura domestiche, senza imbattersi in qualche
conoscente; li trovate dappertutto: nel localino simpatico che avete scovato
fortunosamente (dopo una specie di caccia al tesoro che ha preso il via
dalla vaga indicazione carpita in autobus da un amico del conoscente del
cugino della persone che ve ne accenna nebulosamente), nel vostro posto
di meditazione in un anfratto sui monti, nella spiaggetta fuori mano dove
speravate di poter anche stare senza il vostro morigerato costumino, ovunque
voi pensiate di stare senza facce note intorno.
Potete anche essere in uno spiazzo perso sui monti, in macchina con un'amica
e con appetitosi progetti di fornicazione (a tal fine avete giurato all'amica
in questione che siete l'uomo più libero d'Italia, ancora più
libero di Franco Baresi!); state pur sicuri che arriverà il solito
conoscente cretino che bramirà tutto contento: "E questa suppongo
sia la tua affascinante mogliettina, della quale ci hai tanto parlato!".
Il lampo omicida dei vostri occhi farà capire, probabilmente, al
vostro conoscente che ha sprecato un'ottima occasione per stare zitto,
ma ormai i vostri programmi di fornicazione sono -come si suol dire- del
gatto, se proprio non decidete di rifarvi sullo sciocco linguacciuto...
Tutto questo perché Genova è, in fondo, un grande paesone,
dove ci si incontra e ci si conosce tutti, salvo poi ignorarsi con un
entusiasmo degno di migliori cause.
Riguardo, poi, alla civile usanza del salutarsi per strada, mi capita
sovente di essere in giro con conoscenti i quali, dopo aver salutato persone
incontrate casualmente, sentono l'insopprimibile necessità di scusarsi
della loro... stravagante azione con giustificazioni che sono, alle volte,
piccoli capolavori dell'umorismo involontario tipo: "Sai, l'ho salutata
perché è una parente della vicina di letto di mia zia che
è all'ospedale; non le posso soffrire, né lei né
la sua parente, ma non voglio che se ne accorga perché non si sa
mai.."
Tipico, poi, incorrere nella sgradevole situazione di incrociare qualche
sconosciuto in un passaggio obbligato, per esempio una cabina d'ascensore,
e salutare cortesemente: si corre il rischio di essere inquisito con sguardo
torvo e la tipica, prudente domanda: "Ma... ci conosciamo, noi?"
Che poi, questo vago senso di paura, nei confronti del prossimo e del
nebuloso futuro che ci attende, è un'altra tipica caratteristica
di molti liguri: essi hanno la certezza che, se le cose cambiano, è
più facile che cambino in peggio piuttosto che in meglio. Tutti
i genovesi sono esperti negli effetti pratici della Legge di Murphy, una
legge statistica la quale afferma che "Qualora un accidente abbia
la sia pur più remota probabilità di avvenire, esso avverrà
sempre nel momento peggiore".
Credo di interpretare correttamente la vostra espressione con la necessità
di avere da me un esemplino semplice-semplice. Eccovi serviti: avete mai
bucato una gomma della macchina in una giornata di sole, davanti ad un
gommista aperto? Io, se buco, potete star tranquilli che lo faccio nella
notte fra il sabato e la domenica, in cima ad un monte deserto, sotto
le prove generali per il diluvio prossimo venturo e, con regolarità
impressionante, riuscivo sempre a perdere uno dei tre dadi di fissaggio.
Questo parlando della mia vissuta R4 (una macchina così spartana
che, all'urlo di "quello che non c'è, non si rompe!",
è praticamente indistruttibile). Dopo 14 anni di onorato servizio,
ho ceduto ad "una proposta che non si può rifiutare":
me l'hanno valutata tre milioni e seicentomila (rottamazione) contro l'acquisto
di una Opel Corsa, così adesso perdo solo un bullone su quattro
Se, invece, foro una gomma della mia motocicletta, non ci sono santi:
è sempre quella posteriore, notoriamente più complicata
da smontare dell'anteriore.
Tornando un attimo sulla legge di Murphy, dovete sapere che ha tutta una
serie di spassosi corollari (spassosi per chi non li deve subire, beninteso!),
tipo quello della tenda (Avendo una tenda scorrevole, comandata da due
funi, si avrà che le probabilità di azzeccare al primo tentativo
la fune che permette il movimento desiderato, sono praticamente uguali
a zero), o quello della probabilità di rottura (le probabilità
di rottura di un pezzo sono inversamente proporzionali alla facilità
ed economicità di riparazione o sostituzione). Uno dei più
terrificanti, tra questi corollari, è noto agli impiantisti con
la definizione di Legge della gravitazione selettiva, che recita: un utensile,
cadendo, finirà certamente dove causerà il maggior danno
possibile.
Occhio, gente: Murphy c'è, esiste ed è in agguato nella
vostra vita!
(*)Scusatemi, se la trovate una parola difficile:
indica una situazione di interdipendenza vitale, tipo l'Attinia che si
stabilisce su una conchiglia vuota, occupata da un Paguro che trascina
guscio ed animale in giro, mentre l'ospite caccia per entrambi..
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